Passaggio generazionale in trenta aziende In 9 imprese successione da padre a figlia

Passaggio generazionale in trenta aziende In 9 imprese successione da padre a figlia

Di padre in figlio. Ancora oggi fare impresa è “affare da uomini”. La conferma arriva da una ricerca commissionata da Confapi Industria Piacenza all’Università Cattolica cittadina: al centro c’è il passaggio generazionale in azienda che su 29 casi risulta quasi sempre da padre in figlio. «Quel quasi è importante – segnalano però il direttore di Confapi Industria Andrea Paparo e il presidente del Gruppo Giovani Gianluca Poggioli - perché in 9 casi c’è un passaggio di consegne da padre a figlia. Certo una minoranza, ma rispetto al passato la situazione è migliorata». La conferma arriva da Corinna Mondani, attuale amministratore delegato della Wema srl che sta prendendo in mano le redini dell’azienda dal padre Luciano che ne è ancora il presidente: «Il passaggio non è facile soprattutto perché la nostra realtà opera in un settore, quello metalmeccanico, che ancora risulta un po’ chiuso verso le donne - spiega l’imprenditrice – mio padre mi ha insegnato dei valori: quando sono entrata, subito dopo la laurea, non sapevo nulla di pratico, man mano si impara. Anziché impormi, ho sempre cercato di entrare in contatto con i miei lavoratori.
E quando a volte è capitato che mi sentissi “estromessa” da discorsi più tecnici mi sono sempre impuntata: dopo un paio di volte non è più accaduto». Eppure, famiglia Mondani e poche eccezioni a parte, l’eredità d’impresa sembra essere spesso appannaggio degli uomini: «Si tratta di un dato di fatto - conferma la docente della Cattolica Franca Cantoni che ha curato la ricerca insieme alle colleghe Roberta Virtuani, Barbara Barabaschi, Laura Barbieri e Silvia Platoni - la cultura del fare impresa sembra essere ancora tutta maschile per cui chi eredita la ditta spesso è uomo, laureato e con meno di 45 anni. Certo rispetto al passato la situazione è migliorata: fra i titolari delle aziende esaminate infatti sono una era donna». Ventinove, si diceva, sono le aziende prese in esame dalla ricerca e intente a gestire il processo di successione: «In 10 casi il “passaggio di consegne” si è già completato, in 6 casi si tratta di un processo in corso e per 13 aziende è un processo che avverrà nel futuro prossimo» spiegano Paparo e Poggioli. Ma veniamo all’identikit delle imprese coinvolte dall’indagine, promossa dal Gruppo Giovani di Confapi Industria Piacenza: 16 appartengono ai settori metalmeccanico e dei servizi, mentre il resto si distribuisce fra agroalimentare, edilizia e altri. 15 sono società con familiari, mentre per quanto riguarda la forma giuridica, quella più frequente è la società di capitali (per il 72/73 per cento del campione), seguita dalla società di persone (che vale un 21 percento circa) e dalla ditta individuale.
«Nel 69 per cento dei casi abbiamo interpellato il successore di prima generazione, nel 20 per cento il fondatore o il suo socio - specifica Cantoni - e a emergere sono dei dati interessanti: in primis il fatto che il passaggio di proprietà non è un semplice cambio di generazione, ma coincide spesso con dei cambiamenti nell’assetto e nella gestione aziendale o nelle politiche di marketing e commerciali o negli investimenti in tecnologie e sostenibilità. Quello che invece fa riflettere è che questi cambiamenti spesso sono condotti dalle imprese in totale autonomia, senza nessun tipo di consulenza esterna». Come dire, chi fa da sé fa per tre. Tuttavia questo modus operandi non sempre si concretizza in risultati positivi o rapidi: basti pensare alle sei aziende che stanno affrontando ora il passaggio generazionale: «Per una di loro il processo è in corso da più di 5anni – sottolinea Cantoni i cambiamenti previsti riguardano soprattutto l’assetto organizzativo, poi le politiche di marketing, la tecnologia e la gestione del personale». Tredici sono infine le imprese che prevedono un passaggio generazionale nel futuro prossimo: «In 8 casi esiste già un orientamento su chi assumerà la conduzione aziendale e nel 62 per cento dei casi il successore sarà ricercato fra i familiari» spiega Cantoni. E chissà che non sia una donna. «Solo in 2 casi è già stata in qualche modo pianificata la modalità del passaggio» sottolinea la docente della Cattolica che conclude: «Premesso che ogni azienda è diversa, ci sono delle criticità comuni: in primis quella di cambiare leadership, incentrandola su un modello meno autoritario e più aperto alla relazione con le persone. Ma occorre anche considerare la successione come un progetto a cui dedicare attenzione e risorse, attraverso una pianificazione puntuale e rigorosa. Ma soprattutto sarebbe importante che anche nella pratica la cultura imprenditoriale fosse maggiormente estesa anche all’universo femminile»