Marta Vignati (Mavi): «Soluzioni per gli alimentari? Anche inviare container con più merce». Le valutazioni di Paparo
In casa Confapi si respira quell’aria d’incertezza che soffia su tutti i mercati europei in attesa della “mannaia” dei dazi di Trump applicati dal 7 agosto. « Molti settori se i dazi saranno confermati con queste percentuali subiranno un forte contraccolpo» argomenta Andrea Paparo, direttore dell’associazione datoriale che riunisce una miriade di imprese. Un brutto colpo, aggiunge, per il Made in Italy.
C’è chi esporta unicamente alimentari oltre a confezionale porzioni di grana padano per una azienda di Treviso, è la Ma-Vi, azienda “in rosa” di sole donne, fondata da Maria Rosa Maestri nel 1998 e guidata dalla giovane figlia Marta Vignati. Il 20 per cento degli ottimi prodotti alimentari trattati va negli Usa. «Ho sentito al telefono la nostra importatrice di New York - spiega Vignati - che acquista da noi prodotti caseari freschi ogni settimana per via aerea, come la burrata pugliese Igp, ed è molto preoccupata per la concorrenza che si faccia là sul prodotto, vuole parlare con i nostri produttori per condividere l’assorbimento di una parte di dazi». Dazi che sugli alimentari pesano per il 15 per cento. I piccoli soffrono di più, non sembra valere invece per il grande importatore di Los Angeles che a Ma-Vi ha affidato anche la gestione di logistica e certificazioni.
« Esportiamo all’80 per cento formaggi stagionati, pecorino, parmigiano reggiamo, grana padano, altri Dop e non Dop». Usa, ma anche Ue, Messico, Arabia Saudita, Tunisia, Marocco, Giappone dove i dazi sono al 4 per cento e Cina. L’importatore di Los Angeles fa arrivare container con surgelati, pasta ripiena, funghi porcini, mozzarella, oltre ai prodotti freschi.
«Sul grana avevamo già il dazio al 15 per cento» e il Consorzio si era espresso criticamente. Le imprese esportatrici sono già al limite come marginalità e non possono farsi carico di aumenti consistenti.
« Nei mesi scorsi c’è stata molta confusione - aggiunge Vignati - con gli annunci sui dazi che si temeva entrassero subito in vigore, un container era partito per Los Angeles e l’importatore temeva di dover pagare, ora penso che gli importatori Usa si faranno sentire».
La chiave per uscire da questa situazione? « Rafforzare il rapporto con gli importatori, lavorare insieme con strategie per ottimizzare la tassazione e i costi logistici di produzione, inviare container con più merce o con merce che non subisce aumenti». Insomma: « Non ci si fascia testa e si cercano soluzioni » assicura Vignati.
«Valutare le marginalità»
«Il primo elemento di criticità è la continua incertezza della situazione che si trascina da troppo tempo » commenta il direttore Confapi, Paparom in piena sintonia con le parole del vicepresidente Vincenzo Cerciello (vd. articolo sotto). «Le aziende hanno bisogno in primis di programmare e di valutare costi e marginalità». E dazi a parte c’è il tema dollaro «la svalutazione sta oscillando attorno a un altro 15 per cento negli ultimi mesi».
La preoccupazione è forte soprattutto per gli effetti sul “Made in Italy”: «È vero che nei beni di consumo food, fashion, forniture, il Made in Italy si rivolge a una fascia alta ma i rincari che il consumatore americano rischia di trovare possono frenare i consumi dei nostri prodotti».
Il settore industriale? L’aumento dei dazi rischia di far sballare i portafogli ordini e consegne già programmate e di far perdere quote di mercato. «Ma le imprese statunitensi necessitano di componentistica dall’estero e in questo campo l’Italia può mettere sul tavolo le sue eccellenze e occorre una politica industriale che guardi al futuro».
Avanti tutta, allora, con progetti di aggregazioni, collaborazione per le Pmi industriali e una strategia di approvvigionamento di materie prime. «Perché le conseguenze dei dazi possono essere su intere filiere europee». A Confapi si giudica fondamentale un’azione di diversificazione commerciale, puntare su una rapida stipula dell’accordo commerciale con i Paesi del Mercosur (America latina, ndr) che rappresenterebbe un’importante valvola di sfogo per le esportazioni italiane e anche il differenziale di dazi tra l’Ue e la Cina, che si attesterà probabilmente intorno al 30%, offre all’industria della componentistica italiana un’occasione per acquisire quote di mercato negli Stati Uniti, attualmente detenute dai competitor cinesi». Paparo: «Tuttavia è indispensabile che il Governo italiano supporti le imprese, in particolare le Pmi, attraverso una politica industriale mirata, abbandonando l’epoca dei sussidi indiscriminati».