“LA PIACENZA CHE VORREI”: LE VOCI DEI BAMBINI PARLANO DI TUTELA AMBIENTALE E INCLUSIONE

“LA PIACENZA CHE VORREI”: LE VOCI DEI BAMBINI PARLANO DI TUTELA AMBIENTALE E INCLUSIONE

L’indagine proposta da Unionservizi agli studenti piacentini sul futuro della città al Festival del Pensare Contemporaneo

Oggi sono bambini e ragazzini, domani saranno lavoratori e imprenditori. Per questo Unionservizi di Confapi Industria Piacenza si è rivolta a loro realizzando e promuovendo l’indagine “La Piacenza che Vorrei”, che ha coinvolto oltre 600 studenti delle scuole elementari e medie di Piacenza: l’obiettivo è stato chiedere ai più piccoli come immaginano la loro città di domani.

In tutto sono stati 628 i questionari raccolti nelle scuole Alberoni, II Giugno, Dante e Carducci: gli esiti sono stati presentati dal presidente Unionservizi Luca Lambertini, in occasione del Festival del Pensare Contemporaneo a Palazzo Rota Pisaroni durante l’incontro sul tema “La città dei fragili - Progettare l’inclusione nei luoghi quotidiani”.

Il messaggio che arriva da bambini e ragazzi è chiaro: il 35,9% degli scolari delle elementari ha indicato come priorità la tutela ambientale e la riduzione dell’inquinamento, seguita da maggiore sicurezza (30,6%) e servizi migliori per i più fragili (24,8%). Alle medie invece prevale invece il desiderio di spazi per sport e socialità (25,3%), di una città più accogliente ed ecologica (24,8%) e di soluzioni per ridurre traffico e inquinamento (24,4%).

La Piacenza che le nuove generazioni vorrebbero deve essere inclusiva, attenta alle persone fragili, sicura, curata, più verde.

Un terzo dei bambini chiede inoltre più aiuti per chi è in difficoltà, mentre oltre il 36% degli adolescenti sottolinea la necessità di una comunità rispettosa e inclusiva.

Alla domanda sul futuro emerge una generazione che desidera viaggiare e conoscere il mondo, ma senza spezzare il legame con Piacenza: il 38,2% dei piccoli vorrebbe rimanere in città pur viaggiando e ben il 41,9% dei ragazzi apprezza la vita a Piacenza mantenendo però curiosità verso altre realtà. È l’immagine di una città vissuta come casa affettiva, un punto di partenza da cui muoversi e a cui tornare: un attaccamento che si riflette nei simboli più amati (parchi e aree verdi citati da quasi la metà degli studenti, monumenti storici come la Lupa e piazza Cavalli) e nei più di cento disegni raccolti, che raffigurano piste ciclabili, skatepark, un Po navigabile, ponti sospesi e altre idee creative per la città.

Accanto al legame col territorio, emerge anche la richiesta di una città più giusta: sicurezza per le ragazze che rientrano la sera, pari opportunità, aiuti per i poveri, spazi accessibili a chi ha disabilità.

La scuola è al centro dell’idea di futuro di tutti: alle elementari immaginano edifici con laboratori, musei e giardini dove imparare anche all’aperto, mentre alle medie un terzo sogna di entrare in grandi aziende e viaggiare, un altro terzo di avviare attività imprenditoriali e altri guardano a professioni artistiche o tecniche. Non manca qualche voce critica: uno studente scrive «in questo periodo non mi piace nulla» o «penso che vivrò altrove». Segnali che ricordano come accanto all’entusiasmo ci sia anche il bisogno di ascolto.

Tra le tante risposte libere, Lambertini ne ha presentate alcune significative, che colpiscono per la loro spontaneità: «Che le ragazze possano tornare a casa senza paura», «Abbassare i prezzi per rendere il cibo e i vestiti accessibili a tutti», ma anche il candore di un bambino che chiede «un piccolo tettuccio per le bici a scuola».

Su tutte, spicca la frase che condensa il senso dell’indagine: «E come ultima cosa vorrei lasciare un mondo vivibile alle persone future».

La scuola è al centro dell’idea di futuro di tutti: alle elementari immaginano edifici con laboratori, musei e giardini dove imparare anche all’aperto, mentre alle medie un terzo sogna di entrare in grandi aziende e viaggiare, un altro terzo di avviare attività imprenditoriali e altri guardano a professioni artistiche o tecniche. Non manca qualche voce critica: uno studente scrive «in questo periodo non mi piace nulla» o «penso che vivrò altrove». Segnali che ricordano come accanto all’entusiasmo ci sia anche il bisogno di ascolto.

Tra le tante risposte libere, Lambertini ne ha presentate alcune significative, che colpiscono per la loro spontaneità: «Che le ragazze possano tornare a casa senza paura», «Abbassare i prezzi per rendere il cibo e i vestiti accessibili a tutti», ma anche il candore di un bambino che chiede «un piccolo tettuccio per le bici a scuola».

Su tutte, spicca la frase che condensa il senso dell’indagine: «E come ultima cosa vorrei lasciare un mondo vivibile alle persone future».