Assessore Vincenzo Colla, intervista esclusiva a Confapi Industria Piacenza

Assessore Vincenzo Colla, intervista esclusiva a Confapi Industria Piacenza

Vincenzo Colla

Regione Emilia-Romagna

Assessore allo sviluppo economico e green economy, lavoro, formazione

 

1) Assessore Colla, nella sua ultima visita a Piacenza lei aveva evidenziato due strumenti necessari per la ripresa dei prossimi mesi, evidenziandone la specificità tutta piacentina: la ricerca e l’innovazione. Secondo lei sono queste le strade giuste che le imprese dovranno percorrere e con quale strategia pubblica?

Nella mia ultima visita a Piacenza ho visitato i tecnopoli del LEAP e del MUSP: due realtà splendide che fanno ricerca e sperimentazione. Il LEAP ad esempio è impegnato nel campo del riciclo dei materiali e del riuso, che è un ambito di sicura crescita, ma anche dell’idrogeno, che sono convinto cambierà la storia del sistema energetico mondiale. Al MUSP ho visto sperimentazioni bellissime nella meccanica e meccatronica che guardano alla sostenibilità. Non si può negare: viviamo un periodo di grandi cambiamenti, che il covid ha sicuramente accelerato. Pensiamo ai cambiamenti nella sanità, nel welfare, al digitale, al tema ambientale. Anche l’Europa è passata in pochi mesi dal fiscal compact al recovery fund, con una svolta keynesiana inattesa. È chiaro che le direttrici di sviluppo vanno verso la sostenibilità indicata dagli obiettivi dell’Agenda Onu 2030. È in quella direzione che investirà l’Europa e anche l’Emilia-Romagna ha chiaramente indicato quella direzione nel nuovo Patto per il Lavoro e per il Clima. Non più investimenti a pioggia, quindi, ma chiare linee di intervento su digitale, green, competenze. Dobbiamo investire in ricerca e innovazione per gestire la transizione sostenibile della nostra manifattura e continuare a stare nel mondo, evitando una polarizzazione fra competenze alte e sapere povero. Per questo motivo in questo cambiamento dobbiamo essere capaci di tenere dentro le filiere con le piccole e medie imprese, che non possono più essere considerate solo fornitori ma devono entrare in partnership con le imprese più strutturate attraverso le piattaforme innovative di ricerca 4.0. La cosa più bella che ho visto nella mia visita a Piacenza è la capacità di tenere insieme l’Università, l’istruzione e la formazione con il sistema delle imprese. Questo binomio crea lavoro dignitoso e questa è l’operazione vera che dobbiamo fare quando facciamo ricerca e innovazione. Naturalmente la ricerca non deve mai portare alla cesura delle proprie radici e l’identità di questa città resta quella logistica, meccatronica ed energetica.

2) Dopo lo stop del primo lockdown e le difficoltà causate da questa seconda ondata, il mondo imprenditoriale oggi ha paura del futuro che verrà: come Regione che tipo di azioni intendete mettere sul piatto?

Nel 2021 la ripresa ci sarà, a maggior ragione con l’arrivo del vaccino, e si consoliderà nel 2022. Questo non vuol dire che torneremo a vivere come prima, perché la convivenza con il virus continuerà a lungo. Le attività produttive però potranno riprendere vigore e slancio. Prevedo qualche esitazione ancora per le imprese del settore turistico, ma se – come ha annunciato Prometeia - il PIL nel 2021 crescerà del 7%, io faccio la firma anche ad un più 5%, perché rappresenterebbe comunque una crescita mai vista. Come abbiamo scritto nel nuovo Patto per il Lavoro e per il Clima, la Regione agevolerà la ripresa attraverso la semplificazione delle procedure, alleggerendo il peso della burocrazia che frena la crescita, con l’obbiettivo di aumentare efficacia ed efficienza delle strutture amministrative. In questi giorni stiamo discutendo con le nostre strutture di Bruxelles le griglie di riferimento per i fondi europei Por Fesr e Fse del prossimo sessennio 2021-2027, che serviranno per sostenere la competitività e la crescita occupazionale. Intendiamo confermare i 7 sistemi produttivi di specializzazione regionale (agroalimentare, Edilizia e costruzioni, Meccatronica e Motoristica, Industrie della salute e del benessere, Industrie culturali e creative, Energia e Sviluppo Sostenibile, Innovazione nei servizi) ridefinendo gli ambiti per meglio rispondere alle sfide che ci aspettano, dal green alla digitalizzazione, dall’inclusione alla sicurezza, in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e le politiche europee, quindi nella stessa direzione tracciata con il Patto per il Lavoro e per il Clima. Quella è la stella polare che anche le nostre imprese devono seguire per rispondere alla sfida del futuro.

3) Quanto possono influire gli ecobonus e i sismabonus al 110 per cento sull’economia locale dei prossimi anni?

Ecobonus e sismabonus sono fondamentali per far ripartire il mercato interno, come passaggio-ponte per andare a riprendere, quando sarà il momento, le filiere internazionali. È un’operazione intelligente di investimento che non è solo “green”, ma anche di bellezza, perché significa mettere a posto le nostre periferie, e sicurezza, proteggendo le nostre case e le nostre vite. L’Emilia-Romagna non può stare senza il mondo (ricordo che siamo la regione con il più alto export pro capite) ma i tempi per una ripresa dell’export saranno più lenti. Per questo diventa necessario adesso colmare il vuoto del mercato interno attraverso gli ecobonus e i sismabonus. Se faccio ripartire l’edilizia, faccio ripartire tante filiere - il ferro, la logistica, il legno, la chimica…-, ma anche le professioni e il terziario, come ad esempio i ristoranti e gli alberghi. Far ripartire il mercato interno ci aiuta a creare lavoro. Già in queste settimane abbiamo visto che il provvedimento sta funzionando. Per questo dobbiamo dargli più tempo, e come Regione Emilia-Romagna abbiamo chiesto al governo che venga prorogato a tutto il 2023.

4) Lei insieme al presidente Bonaccini ha richiesto che le Regioni siano parte attiva nella destinazione dei fondi europei del Recovery Fund: che tipo di sostegno potrebbero rappresentare per le imprese e soprattutto per quelle piacentine?

Insieme al Presidente Bonaccini chiediamo che le Regioni siano in prima fila nella gestione dei fondi europei del Next Generation EU per due motivi fondamentali. Da un lato perché la regione ha sicuramente una visione strategica sulle priorità territoriali che il governo di Roma non può avere. Dall’altro perché, come sappiamo, i fondi dovranno essere spesi bene e in tempi rapidi. La Commissione europea vigilerà sull’avanzamento dei lavori, che dovranno essere certificati e documentati. In questo, la vicinanza territoriale sarà sicuramente un vantaggio, insieme ovviamente a procedure snelle e apparati in grado di attivarsi e operare prontamente e in modo ineccepibile. Sappiamo che i fondi saranno destinati a progetti sulla transizione digitale e quella green. Nel primo caso per le imprese non parliamo solo di smart working o di e-commerce, che abbiamo imparato a conoscere e usare soprattutto con la pandemia, ma anche di tecnologie innovative, dai Cloud alla robotica, dai big data all’Intelligenza Artificiale. Alla base di tutto ci dovrà naturalmente essere un forte investimento sulle reti, per non creare un divario fra centri connessi e periferie isolate. La transizione green per le imprese, invece, passa dalle linee di indirizzo di Industria 4.0, dall’economia circolare al risparmio energetico, all’adeguamento produttivo attraverso l’innovazione tecnologica. Non dimentichiamoci che anche i consumatori stanno guardando con maggiore attenzione alle produzioni green, premiando sempre di più quelle imprese che sia nel processo produttivo che nel prodotto finale dimostrano attenzione all’ambiente e al futuro del pianeta.

I fondi europei del Recovery andranno poi a finanziare l’adeguamento infrastrutturale del Paese. Abbiamo candidato Piacenza su un grande investimento di recupero dell’ex Ospedale militare, per ospitarvi la facoltà di medicina in inglese, rafforzare la scuola infermieristica e le competenze sul sistema della protezione civile. Per quanto riguarda la logistica, pensiamo Piacenza interconnessa ai grandi corridoi europei: i porti di Genova e La Spezia, la linea Alessandria-Torino-Lione, la Milano-Gottardo e Milano-Ceneri, e naturalmente la linea che collega Bologna a Ravenna. Piacenza va pensata come crocevia di questi corridoi per attrarre una logistica manifatturiera. Per quanto ci riguarda, Piacenza sarà inserita nella Zona Logistica Speciale prevista per il Porto di Ravenna. Stiamo poi seguendo importanti investimenti di ENEL e di ENI e discutendo con le istituzioni per investimenti di Lepida sulla fibra ottica. Ma soprattutto Piacenza è candidata a un forte investimento sull’istruzione e la formazione tecnica e scientifica, dai tecnopoli alle scuole professionali agli enti di formazione. Vogliamo aprire a Piacenza un nuovo ITS sulla meccatronica e vogliamo lavorare per creare le condizioni anche per un ITS sulle energie rinnovabili.

5) Può spiegare quali saranno gli effetti sui territori del Patto per il lavoro?

Con il Patto per il Lavoro e per il Clima vogliamo lavorare per superare le diseguaglianze: la frattura fra territori forti e aree periferiche così come la polarizzazione fra lavoratori qualificati e lavoratori poveri e precari. E allo stesso modo, fra imprese forti che operano a livello mondiale in grado di orientare lo sviluppo dei propri mercati, e piccole e medie imprese sempre più ridotte a competere su marginalità esigue. 
Il principale messaggio del Patto è che ambiente e lavoro non sono in contrapposizione, ma che lo sviluppo sostenibile crea buona occupazione. Per fare questo dobbiamo puntare su un new deal dei saperi e delle competenze. Serve un forte investimento sul sapere tecnico e scientifico, coinvolgendo gli ITC, gli istituti tecnici e quelli professionali, l’IeFP, le lauree professionalizzanti, e dicendo alle famiglie che per trovare lavoro è questo l’ultimo miglio da percorrere. Se vogliamo rimanere un paese manifatturiero e stare dentro le filiere strategiche dobbiamo fare la transizione green e progettarla adesso. Altrimenti diventeremo un paese contoterzista povero a disposizione degli altri. Non si fa un manufatto senza il sapere. Non c’è città smart senza la conoscenza. Riscoprire la cultura scientifica e tecnica vuol dire creare un sistema che prenda per mano ragazzi e ragazze e li porti nei tecnopoli, nelle academy, nei laboratori, nelle imprese di eccellenza. Dobbiamo mettere in sicurezza il sistema economico e progettare il modello che è in grado di accorciare le disuguaglianze. Il Patto per la Lavoro e per il Clima deve essere anche un nuovo patto democratico per la giustizia sociale.